sabato, maggio 22, 2021

Festa di Dante


Ritratto di Dante
DANTE (primo a destra)

partic. di un affresco della Cappella della Maddalena

Firenze, Pal. del Bargello

È  l’unico “ritratto” che abbia buone probabilità di restituirci l’immagine reale del Poeta. Anche se oggi si tende ad attribuirlo, invece che a Giotto, a qualche discepolo, è quasi certo che il cartone preparatorio fosse del  Maestro, che aveva conosciuto Dante, se non prima, almeno al tempo dei suoi lavori a Padova.



Ricorre, quest’anno, il settimo centenario dalla morte di Dante Alighieri – intervenuta la notte sul 14 settembre del 1321 – e si moltiplicano gli interventi commemorativi. Da antico estimatore del ‘divino Poeta’, non voglio far mancare il mio modestissimo contributo. Personalmente, però, quando si tratta di grandi personalità laiche, preferisco celebrare il giorno in cui il buon Dio (o la Natura) ce ne ha fatto dono, piuttosto che commemorare il giorno che ce ne ha privati. Ma qui vado a scontrarmi con una difficoltà non da poco: la data di nascita, nel caso dell’Alighieri, non la conosciamo; non esiste alcun documento che ce ne certifichi. Per l’identificazione dell’anno abbiamo indizi sufficienti a fissarlo nel 1265, ma per il giorno… niente. Eppure, pubblicando il mio post in questi giorni, sono convinto di andarci abbastanza vicino. Me ne assicura lo stesso festeggiato. Vediamo perché.

Prima, però, dovete consentirmi una premessa, un cenno alla topografia del Paradiso dantesco, a beneficio di chi non ricorda bene o non ha mai studiato la Divina Commedia.

Struttura topografica del Paradiso dantesco.

La visione dantesca dell’Universo – necessaria alla comprensione della struttura del suo Paradiso – è tipicamente medioevale; fondata sulla sistemazione che dell’argomento aveva dato l’astronomo alessandrino Claudio Tolomeo (II sec. d.C.), e integrata con elementi di origine araba e cristiana.

Secondo tale concezione, la Terra, sferica, giace immobile al centro dell’Universo. Questo si sviluppa articolandosi in nove sfere concentriche, via via più ampie, assolutamente trasparenti e dunque invisibili: i cieli. La loro esistenza (almeno per i primi otto) sarebbe resa evidente dal moto dei corpi celesti, spiegato con la rotazione di dette sfere. Ciascuna di queste, infatti, porterebbe ‘incastonato’ uno o più astri. Per la precisione, uno ciascuna le prime sette (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno); moltissimi l’ottava, il Cielo delle Stelle fisse, cioè di quegli astri la cui posizione reciproca risulta stabile (almeno in apparenza). Il nono Cielo sarebbe assolutamente uniforme, senza alcun corpo celeste a contrassegnarlo.

Quest’ultimo (detto Primo Mobile, perché è il primo a ruotare) definisce e chiude lo spazio fisico. Esso, infatti, non è collocato nello spazio:

«e questo cielo non ha altro dove [cioè, altra collocazione spaziale] / che la mente divina»… (Par., XXVII 109-110); quel non-spazio, che è l’Empireo: «ciel ch’è pura luce: / luce intellettual piena d’amore, /amor di vero ben pien di letizia, / letizia che trascende ogni dolzore [che supera ogni dolcezza]». (v. Dante e il pusillanime).

Il Paradiso vero e proprio, la sede eterna dei beati, è qui, nell’Empireo, in questo che possiamo chiamare “cielo” solo per modo di dire.

Ma Dante, per ragioni poetiche non difficili da immaginare, ci presenta le anime dislocate nei vari cieli sottostanti, raggruppate in base alle caratteristiche della loro personalità e al grado di beatitudine. Una sorta di Paradiso… provvisorio e, in certo senso, illusorio, allestitogli dalla bontà divina per prepararlo alla visione paradisiaca autentica che egli descriverà nei canti finali (XXX-XXXIII). 

 

porzione di cielo con costellazione gemelli

Porzione di cielo stellato, con la Costellazione dei Gemelli

(se non trovate i Gemelli, guardate l’immagine successiva)

 

L’arrivo nel Cielo delle Stelle fisse

Nel c. XXII Dante, nel Cielo di Saturno (il VII), ha un colloquio con San Benedetto. Poi, finito il colloquio, mentre i beati risalgono vorticosamente verso l’Empireo, un cenno – forse uno sguardo – di Beatrice basta a far sì che Dante, pressoché istantaneamente, si ritrovi nel cielo successivo, il Cielo delle Stelle fisse. Più precisamente, nella costellazione dei Gemelli. E qui prorompe in una commossa invocazione, colma di riconoscenza:

O glorïose stelle, o lume pregno

di gran virtù, dal quale io riconosco

tutto, qual che si sia, il mio ingegno,

con voi nasceva e s’ascondeva vosco

quelli ch’è padre d’ogne mortal vita,

quand’io senti’ di prima l’aere tosco;

e poi, quando mi fu grazia largita

d’entrar ne l’alta rota che vi gira,

la vostra regïon mi fu sortita.

Prima di passare a qualche spiegazione lessicale, permettetemi un’osservazione metrico-ritmica, necessaria ai meno esperti.

Nel primo e nell’ultimo verso osservate una i recante due puntini invece di uno: i due puntini sono il segno della dieresi: indicano che la i e la vocale successiva (in questo caso, la o), se vogliamo rispettare il ritmo proprio del verso endecasillabo, vanno pronunciate distinte (pensate alla differenza di pronuncia, necessaria anche nel parlato, tra ‘piacere’ e ‘spiare’).

Le ‘gloriose stelle’ a cui Dante si rivolge sono – ovviamente – quelle comprese nella costellazione in cui è approdato, in particolare le due più vistose (i gemelli Castore e Polluce) che dànno nome all’agglomerato;  lume pregno di gran virtù, luce impregnata di grande capacità d’influsso astrale. (Notiamo qui, tra parentesi, che Dante credeva nel potere degli astri di influire sulle inclinazioni e attitudini delle singole persone. Attribuisce, anzi, a tali disposizioni native – assegnate da Dio per il tramite delle schiere angeliche preposte ad ogni cielo – un’importantissima funzione sociale.) Ai Gemelli, in particolare, veniva attribuita una speciale capacità d’influsso sull’ingegno, sulle qualità intellettuali. E di queste il Poeta caldamente ringrazia quelle gloriose stelle, perché

con voi nasceva e s’ascondeva vosco

quelli ch’è padre d’ogne mortal vita,

quand’io senti’ di prima l’aere tosco.

Eccoci al punto: al momento della mia nascita (quando io sentii per la prima volta l’aria toscana) – dice il Poeta –  il Sole (senza il quale nessuna vita mortale sarebbe possibile) sorgeva insieme con voi e insieme con voi si nascondeva, tramontava.

Dunque Dante ci assicura d’esser nato quando il Sole era nel segno dei Gemelli: non ci dice il giorno, bensì un periodo circoscritto a circa un mese. Quale?

Qui entriamo nel difficile, ma cercherò di semplificare al massimo, muovendo dalla scienza all’astrologia, assumendo convenzionalmente che ogni costellazione zodiacale si estenda per un arco di 30°, e prendendo come riferimento l’anno 2000 della nostra era. Chi, però, fosse allergico ai calcoli (e, a maggior ragione, le persone più e meglio informate di me in fatto di astronomia, astrologia e misurazione del tempo) può saltare la parte scritta in carattere minore e andare subito alla conclusione.

 
Rappresentazione grafica dei Gemelli

Rappresentazione grafica della Costellazione dei Gemelli.

La linea punteggiata rappresenta l’eclittica, il ‘percorso’ annuale del Sole.


Precessione degli equinozi e incommensurabilità della durata di anno e giorno

Nel 2000 l’equinozio di primavera – che il nostro calendario registra sempre con la data del 21 marzo (fissata una volta per tutte dal Concilio di Nicea nel 325) – il Sole – dicono gli astronomi – si trovava nella costellazione dei Pesci, dove sarebbe rimasto ancora per circa 29 giorni, per entrare in Ariete il 19 aprile. Questo vuol dire che in Gemelli (60° a Ovest) entrava quasi 61 giorni dopo, cioè il 19 giugno e vi sarebbe rimasto circa 29 gg., cioè fino al 18 luglio. Dunque, problema risolto? No, perché nel 1265 (anno di nascita di Dante) la situazione era abbastanza diversa.

Il Sole infatti – per effetto della precessione degli equinozi – entra in Gemelli ogni anno un pochino più tardi (per la precisione, circa 20 minuti e mezzo). Questo vuol dire che 756 anni fa il Sole entrava in Gemelli parecchio prima del 19 giugno. Precisamente – salvo errori di calcolo da parte mia (calcoli che ovviamente vi risparmio!) – entrava il 9 giugno e vi rimaneva fino all8 luglio.

Ma non ci siamo ancora: c’è un’altra difficoltà.

Dai documenti in nostro possesso appare evidente che Dante assumesse, come data d’entrata del Sole nei Gemelli, non quella effettiva, bensì quella che risultava dai calcoli del già ricordato Claudio Tolomeo, e ancora oggi in uso in quella presunta scienza chiamata astrologia. In base alla sua opera detta Tetràbiblos (come dire: l’opera in 4 volumi) il 21 marzo (equinozio di primavera) il Sole entrava in Ariete, e dunque si sarebbe trovato in Gemelli più o meno dal 21 maggio al 20 giugno. Il bello è che già al tempo del buon Tolomeo (metà del sec. II d.C.) questa datazione non corrispondeva più al dato astronomico reale: Tolomeo riassumeva testi che descrivevano la situazione valida fino a due secoli e mezzo prima! Ma torniamo a Dante.

Sulla base di quanto esposto, il nostro Poeta dovrebbe esser nato in un giorno compreso tra il 21 maggio e il 20 giugno. Ma c’è un’ulteriore difficoltà (l’ultima, lo prometto!). Il nostro calendario (detto gregoriano) è frutto della riforma operata nel 1582 dal papa Gregorio XIII che, per far coincidere effettivamente il 21 marzo con l’equinozio di primavera (a cui è legata la datazione della Pasqua), dovette colmare, in una sola notte, il ritardo di data, rispetto all’effettivo scorrere del tempo, accumulato per effetto della scarsa precisione del calendario giuliano. Nel 46 a.C., infatti, Giulio Cesare, nel tentativo di porre rimedio all’incommensurabilità tra la durata del giorno e quella dell’anno solare (1 anno solare = giorni 365,2422), aveva approssimato il rapporto a gg. 365,25 inserendo un febbraio bisestile (29 giorni) ogni 4 anni. L’approssimazione era, per l’epoca, molto elevata: presentava un eccesso di solo gg. 0,0078, cioè 11 minuti e 14 secondi all’anno! Ma dopo 128 anni avrete cumulato una differenza di 1 giorno (o quasi: per la precisione 23h, 57 minuti e 41 secondi).  Questo vuol dire che nel 1582 (cioè 1257 anni dopo che l’equinozio primaverile era stato fissato al 21 marzo) si erano accumulati quasi 10 giorni di ritardo. In altre parole, il calendario in vigore registrava, con la data del 21 marzo, un equinozio già trascorso da 10 giorni! Papa Gregorio ne decretò la correzione ordinando che il giorno successivo al 4 ottobre di quell’anno fosse computato come 15 ottobre (anziché 5); e fissò, per l’inserzione degli anni bisestili, una regola più rispettosa dell’effettivo rapporto tra giorni e anno.

Ovviamente nel XIII sec. il ritardo cumulato era inferiore: circa 8 giorni. E di questo, al momento del rispristino della datazione giuliana, andrà tenuto conto.


Conclusione

  1. Nei versi riportati, Dante ci fa sapere con esattezza d’esser nato nell’intervallo di tempo in cui il Sole si trovava nella Costellazione dei Gemelli.
  2. In base a calcoli astronomici, il Sole – che, per effetto della precessione degli equinozi, entra in ciascuna costellazione zodiacale un po’ in ritardo rispetto all’anno precedente – nel 1265 entrava nei Gemelli il 19 giugno e ne usciva il 18 luglio.
  3. Tuttavia non era questo il periodo che Dante aveva in mente. Egli, infatti, pur conoscendo il fenomeno della precessione degli equinozi, seguiva non l’osservazione astronomica diretta, bensì quanto affermato nei trattati di astrologia correnti al suo tempo, tutti risalenti alla sistemazione data alla materia da Claudio Tolomeo nel II secolo della nostra era. Questi – come ancora gli astrologi attuali – assegnavano la permanenza del Sole nei Gemelli al periodo compreso, nel nostro calendario, tra il 21 maggio e il 20 giugno.
  4. Ma nemmeno questi estremi coincidono con quello che Dante aveva in mente. Queste date, infatti, rispecchiano il vigente calendario gregoriano. Volendo – com’è uso – ripristinare, per gli anni anteriori alla riforma gregoriana, la datazione del calendario giuliano, dobbiamo reintegrare gli otto giorni di ritardo cumulato fino al 1265 per effetto della scarsa precisione del calendario giuliano (anche di questo, peraltro, Dante era ben consapevole). Ne risulta che il periodo segnato dal poeta nei versi riportati è quello compreso tra il 14 maggio e il 13 giugno.

Questa, sull’argomento, è l’unica certezza che il testo dantesco ci fornisce. Il giorno... possiamo scegliercelo a piacere. Io suggerirei una data intermedia. Assumendo il 29 maggio, siamo sicuri di limitare l’errore a non più di 15 giorni. E  il 29 maggio sarebbe, per me, la data più appropriata a celebrare la Festa di Dante!

 
Casa di Dante
Casa natale di Dante come risistemata nel 1911, sede del Museo a lui dedicato.

Sembra molto probabile che la casa degli Alighieri in realtà sorgesse una decina di metri più a sinistra, in un edificio non più esistente affacciato sull’attuale Piazza San Martino, prossimo alla Torre della Castagna.

 

Riconoscimenti:

La prima immagine è un ritaglio di foto pubblicata da Ansa ViaggiArt.

La seconda e la terza, ritoccate in colore e dimensioni, sono state prese dal sito  unical.it.

La quarta è un ritaglio da turismoletterario.com