sabato, giugno 30, 2018

La lingua del Grande Fratello. II






Obiettivi, struttura morfosintattica e lessico della neolingua


Propaganda  politica contro la Brexit (da "Unherd")

Come promesso nel post precedente, in questo articolo mi propongo di chiarire gli obiettivi della neolingua, la sua struttura morfosintattica, la consistenza e qualità del lessico.

Orwell e l’importanza politica della lingua

Il rapporto della lingua con il pensiero in generale, e conseguentemente con l’atteggiamento politico, stava molto a cuore a Orwell. Più o meno nello stesso periodo di redazione del romanzo dedicò ad esso studi di carattere scientifico. Nel 1946, per esempio, pubblicò un saggio ancor oggi molto studiato nelle Università, nonostante alcuni suoi suggerimenti appaiano discutibili. Si tratta di Politics and the English Language. In esso l’autore mette in guardia dal linguaggio dei politici, e mostra come lo svilimento della lingua – l’imprecisione e la sciatteria linguistica – favorisca il conformismo e l’adesione acritica all’ideologia corrente. 
Dedica un “saggio” anche alla lingua d’Oceania (“I princìpi della neolingua”) e, per non intralciare la narrazione, lo colloca in “appendice” al romanzo. Ce ne serviremo ampiamente per la presente esposizione.

Finalità della neolingua

Come mai tanto lavoro, tanto impegno per “riformare” la lingua?
L’obiettivo della Neolingua è di restringere l’estensione del pensiero” – spiega Syme, il filologo appassionato di impiccagioni. E ancora: “Ogni anno meno parole, e l’ampiezza della coscienza sempre un po’ più angusta”. Più chiaro di così… Ma questo è solo un obiettivo intermedio, funzionale a una finalità superiore: l’ortodossia, resa perfetta dall’inaridimento della capacità stessa di pensare. “Alla fine noi renderemo letteralmente impossibile il reato di pensiero, perché non ci saranno parole con cui esprimerlo”.
Esagerazione? Facciamo un’ipotesi. Voi, pur educati nell’Ingsoc e nella neolingua (“La Neolingua è l’Ingsoc e l’Ingsoc è la Neolingua”!), voi, a dispetto di quell’infame sistema educativo, conservate bastante intelligenza per capire che gli incessanti encomi della bontà del Grande Fratello sono infondati. E quindi, sulla base del linguaggio disponibile, arrivate a formulare, a vostro rischio e pericolo, un giudizio di questo genere: “Il Grande Fratello è imbuono”. Senza la possibilità di specificare, di argomentare con precisione il vostro pensiero, dall’apparenza inevitabilmente stravagante (è in contrasto col modo di pensare ufficiale, condiviso dalla maggioranza!), il vostro giudizio sarà considerato – nel più fortunato dei casi – appunto una stravaganza, un’assurdità detta per ridere. Quella che per voi doveva essere una critica al governo del G.F., avrà la stessa efficacia politica del vecchio detto “Piove, governo ladro!”
È per questo che “la Rivoluzione sarà completa quando la lingua sarà perfetta”, come recita la trionfale conclusione del filologo asservito al Partito. E la lingua sarà perfetta quando l’attività pensante sarà sostituita dall’automatismo tanto caro alla pigrizia mentale.

Fonetica e morfosintassi della neolingua

La base dell’immaginaria neolingua di Oceania è, naturalmente, l’inglese corrente al  tempo dell’Autore; quello che in neolingua viene denominato Oldspeak, “paleolingua”. Le modifiche “politicamente corrette” mirano a un drastico impoverimento di quella lingua inglese che, rispetto a lingue come l’italiano, per esempio, presenta strutture grammaticali già molto semplificate. In neolingua qualunque elemento lessicale può essere adoperato indifferentemente come verbo, sostantivo, aggettivo o avverbio. Brevità, elementarità, assoluta regolarità ne caratterizzano morfologia e sintassi. Eccezioni sono ammesse solo per ragioni foniche. All’eufonia è attribuita la massima importanza. Essa, infatti, con la facilità di una pronuncia fluida e senza inciampi, coopera potentemente all’obiettivo di un’articolazione linguistica automatica, puramente meccanica, con esclusione, quanto più completa possibile, delle funzioni superiori proprie del pensiero.  Parole invariabilmente di due o tre sillabe, con accenti regolarmente distribuiti sui due elementi costitutivi, favoriscono uno stile borbottante, allo stesso tempo staccato e monotono. Uno stile definito “duckspeak”, “schiamazzare come papere”. Definizione non molto lusinghiera – direte voi. Ma in “Oceania” non era così. Il massimo complimento cui potesse aspirare un oratore politico era la definizione di doubleplusgood duckspeaker (“bispiubbuono schiamazzatore”). Insomma, l’obiettivo ideale era – si chiarisce nell’Appendice – un parlare emergente direttamente dalla laringe, senza alcun intervento del cervello.

Il lessico

Al raggiungimento del risultato finale il contributo più importante è dato dalla riforma del lessico, sottoposto a un minuzioso lavoro di riduzione e ripulitura.
La “semplificazione” mira a ridurre la disponibilità complessiva di rappresentazioni mentali, di germi di pensiero: nozioni, distinzioni, sfumature… Insomma, l’eliminazione di tutto quanto, per via di associazione o altro, possa stimolare una qualche attività cerebrale autonoma, suscettibile d’intaccare il piatto conformismo, l’irriflessa adesione a all’INGSOC, al Pensiero unico del Superstato.
Si opera per gradi.
Prima di tutto si mette mano alla scure, e si disbosca il lessico della paleolingua di tutto quanto non risulti strettamente necessario a una vita pratica elementare e allo striminzito tessuto ideale dell’INGSOC. I vocaboli sopravvissuti vengono poi mondati, ripuliti di tutte le implicazioni politiche non ortodosse, di elementi accessori e valenze connotative sospette, in modo che il contenuto mentale da esso risvegliato sia ridotto “to the bone”, “all’osso”; al nudo nòcciolo del significato di base, “rigidamente determinato”. Prendete l’aggettivo free (“libero”): una parola pericolosa, per le inevitabili implicazioni (“libertà politica, libertà di pensiero” ecc.). Sono appunto queste associazioni mentali, queste  “escrescenze” che vanno resecate. Free sarà ancora libero di esistere, ma solo nel significato elementare di “sgombro”, “esente”: cane libero da pulci, campo libero da erbacce…

Il contenuto dell’undicesima edizione del Vocabolario di Neolingua

Al termine di questo lavoro, le parole autorizzate a entrare nell’undicesima edizione del mitico Vocabolario di Neolingua, di Syme et alii, risulteranno distribuite in tre classi:

Vocabolario A: vocaboli indispensabili ad esprimere i bisogni e gli oggetti d’uso di una vita al limite della miseria qual è quella del Superstato d’Oceania.

Vocabolario C: “lessico scientifico”: liste di vocaboli, rigidamente distinte secondo gli ambiti disciplinari, depurati da connotazioni accessorie, ad uso esclusivo degli specialisti.

Vocabolario B
È quello politicamente più importante e delicato, oggetto delle cure più scrupolose da parte dei compilatori. “Consisteva di vocaboli costruiti specificamente per finalità politiche: vocaboli, cioè, che non solo avevano in ogni caso un’implicazione politica, ma erano intesi a imporre, alla persona che li usava, un atteggiamento mentale desiderabile”.
Qualche esempio ne chiarirà natura e caratteristiche.
Partiamo da un aggettivo emblematico della neolingua: bellyfeel, composto di belly, “pancia”, e della radice verbale feel, “sentire” nel senso di “provare sentimenti”. Designa una dote indispensabile al buon cittadino di Oceania: l’adesione immediata, istintiva, all’ideologia del Partito.
Una categoria particolarmente importante di questo genere di vocaboli è quella delle “blanket words” (letteralmente: “parole-coperta”): espressioni generiche, di significato vago ed esteso. Ogni blanket word assorbe (e quindi fa sparire) tutta una serie di vocaboli esprimenti nozioni più o meno affini, ma distinte, e dunque capaci di attivare una qualche forma di pensiero analitico e valutativo. Prendete, per esempio, le nozioni di onore, giustizia, morale, internazionalismo, uguaglianza, democrazia, scienza, religione… Nessuno dei vecchi che tali vocaboli conoscevano osava più pronunciarli. Chi ne doveva parlare, o doveva tradurli in neolingua, ricorreva invariabilmente alla blanket wordcrimethink” (“idea criminale”). Così le nozioni incentrate sui concetti di “oggettività”, “razionalismo” e simili erano tutte ridotte a un unico vocabolo: oldthink (“paleopensiero”, pensiero antiquato, vecchio, démodé…), con l’immancabile connotazione di fiacchezza, decadenza, morte.  Insomma, conclude Orwell,  “da un membro del Partito si esigeva un modo di vedere analogo a quello dell’antico ebreo che sapeva, senza sapere altro, che tutte le nazioni diverse dalla sua adoravano ‘falsi dèi’”, poco importava se questi fossero tra loro profondamente differenti, come Baal, Osiride, Moloch o Astarot…
In altre parole, la massima cui il cittadino doveva attenersi potrebbe essere formulata più o meno così: tutto quanto non è contemplato nell’ortodossia è vietato, punito con castighi indeterminati ma comunque spaventosi.
Così – per fare un altro esempio – tutto l’ambito della vita sessuale era coperto da due sole parole: goodsex e sexcrime. Goodsex (“sesso sano”) designava l’usuale rapporto tra uomo e donna finalizzato esclusivamente alla procreazione. Questo sapeva il “buon” cittadino; e inoltre che qualunque altra cosa potesse balenargli per la mente in relazione al sesso ricadeva nel sexcrime, nel “delitto sessuale”, sanzionato con pene severissime, a discrezione del giudice (nel Superstato di Oceania naturalmente non esistevano leggi scritte!).

Nel Vocabolario B nessuna parola era neutrale. Era sempre connotata, in senso positivo o negativo. Un gran numero di esse erano “eufemismi”. Appartengono a questa categoria (lo abbiamo visto nel post sul G.F.) parole e locuzioni  “risemantizzate”, dotate di significato nuovo, con procedimenti che svelano gusto per l’antifrasi (piegare un’espressione a significare esattamente l’opposto del suo significato abituale), o, forse meglio, per il sarcasmo beffardo. Ricorderete le fantasiose denominazioni dei Ministeri. E ora provate a indovinare che cosa designava la parola  Joycamp, “campo di gioia”. Sì, proprio quello: il campo di lavori forzati. Meno diffusa la categoria di vocaboli connotati da franchezza brutale. Tale, per esempio, prolefeed, “nutrimento (verrebbe da dire “mangime”) per i prol”, che designava il “nutrimento spirituale” ammannito ai proletari: notizie grossolanamente inventate, intrattenimenti-spazzatura… (no, per favore, non mi fraintendete: non sto parlando della televisione!).
Abbiamo già osservato la predilezione della neolingua per gli incroci abbreviativi. Hanno lo scopo di evitare associazioni non gradite. Orwell esemplifica con un esempio storico: Comintern. L’espressione completa “Internazionale comunista” – argomenta – “richiama un quadro composito di universale fratellanza umana, bandiere rosse, barricate, Carlo Marx e la Comune di Parigi”. Comintern, invece, “suggerisce nient’altro che un’organizzazione compatta e un corpo dottrinale rigidamente determinato. È una parola che si pronuncia quasi senza pensare, mentre “Internazionale comunista” è un’espressione su cui si è costretti a soffermarsi, almeno per un momento”. Astruserie? Mah, pensate all’espressione “Tizio è stato nominato Capo del MIUR”, che fila via liscia come l’olio, senza suscitare idee accessorie. Ora confrontatela con la formula “Tizio è stato nominato Capo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca scientifica”, magari scandendo le singole parole. Non viene spontaneo pensare che si tratti di un Ministero da far tremar le vene e i polsi, con immediato impulso a valutare l’adeguatezza della persona insignita di una tale responsabilità?


La letteratura

E la letteratura? I libri, i giornali del passato?
La massima parte spariva dalla circolazione: non era mai esistita. Ragioni di prestigio potevano consigliare, invece, la conservazione dei grandi classici, come Shakespeare, Milton, Swift, Byron… In questo caso si procedeva alla traduzione in neolingua, cioè a una riscrittura, a una “reinterpretazione”, a una di quelle “rivisitazioni” – di cui si compiacciono certi critici, o certi registi teatrali – che del significato originale conservano “il giusto”, come alcuni dicono in Toscana quando vogliono significare “molto poco”
E se qualche brandello di testo fosse sfuggito a distruzione e traduzione? 
Orwell riporta l’esempio – senza peraltro analizzarlo – di un brano della Dichiarazione d’indipendenza americana. Supponete una società in cui siano state spazzate via nozioni di ordine religioso, di uguaglianza socio-politica, di libertà intellettuale e politica, di diritto… E ora pensate a frasi del tipo “tutti gli uomini sono stati creati uguali”: creati?! uguali?! tutti gli uomini uguali?! L’autore doveva essere matto: non è forse vero che ci sono uomini con i capelli biondi e altri con i capelli neri? Alcuni robusti, altri smilzi… Ma come fa, questo scemo, a parlare di uomini “uguali”?! Oppure: “dal loro Creatore sono stati dotati di certi diritti inalienabili”… Creatore?! diritti?! Mah, flatus vocis, vento, espressioni senza senso…

E fermiamoci qui, ché il discorso è già stato troppo lungo. Nel prossimo post (più breve, più breve!) vedremo qualche saggio di newspeak nell’attuale dibattito politico italiano. (E sveleremo l’esito della profezia di Winston su Syme!). A sabato prossimo!

sabato, giugno 23, 2018

La lingua del Grande Fratello





ovvero
Manipolazione linguistica a fini politici


Nel post precedente promettevo un intervento dedicato alla lingua del Grande Fratello: Newspeak, o Neolingua.
In realtà la Neolingua orwelliana rappresenta un esempio di gigantesca manipolazione linguistica a fini politici. E le pagine di Orwell dedicate all’argomento sono molto istruttive. Interessanti per chiunque voglia dotarsi di strumenti utili a contrastare efficacemente i tentativi di chi, quotidianamente, tende a manipolare le coscienze in modo subdolo, profondamente invasivo. Insomma, una lettura molto proficua per chi rifiuta di farsi inconsapevole, docile strumento nelle mani di forze interessate alle sue scelte.
Ma un interesse tutto particolare quelle pagine rivestono per chi esercita il mestiere d’insegnante, prezioso per la formazione dei cittadini e perciò svilito e mortificato da politicanti giustamente allarmati all’idea di elettori consapevoli, allenati al pensiero critico, refrattari alle loro non disinteressate lusinghe. Un’approfondita riflessione innescata dal testo orwelliano svelerà, o ribadirà, che genere di forze, che genere di motivazioni stiano dietro alle pluridecennali pressioni per un insegnamento “semplificato” a oltranza, povero di contenuti umani, tanto ben accetto ai cultori della pigrizia mentale. O, quantomeno, sarà utile a intravedere verso quali esiti, umani e politici, sia intrinsecamente orientato – indipendentemente dall’eventuale buonafede di chi lo promuove – un insegnamento linguistico-letterario banalizzato e immiserito, secondo mode provenienti da lontano, e da molti prontamente accolte anche qui da noi vuoi per ristrettezza d'orizzonti mentali, vuoi per cupidigia di popolarità a buon mercato.

Articolazione dell’argomento

Partiremo dalla traduzione di un passo del cap. V (Parte I) di 1984, in cui il tema è impostato con una franchezza che stupirà lo stesso Winston, il protagonista che ormai ben conoscete.
In un post successivo riprenderemo il discorso per sviluppare, alla luce di una singolare “appendice” dell’Autore, gli spunti offerti dal brano – chiarendo obiettivi, strutture e procedure della neolingua – e concludere con una rapida occhiata sul mondo odierno.

Chiarimenti preliminari

Prima di cominciare, permettetemi di fornire un paio di chiarimenti utili alla comprensione del testo.
 Ritroveremo qui una sigla già incontrata nel post precedente: INGSOC. Abbreviazione di Inglish Socialism (in “paleolingua” English Socialism, “socialismo inglese”), Ingsoc è l’ideologia ufficiale, cioè unica, del Superstato “Oceania”. Raggruppa in sé i nostri concetti di ideologia, filosofia, scienze ecc., in un quadro di inviolabile ortodossia.
La seconda espressione meritevole di chiarimento è “proles”. È un vocabolo della neolingua (il termine proprio sarebbe “proletarians”), che indica spregiativamente i proletari, e che io, non senza qualche titubanza – traduco con “prol”. I proletari (i prol!) sono, dunque, dei… fuoriclasse, dei “paria”. O, detto brutalmente, “non sono esseri umani”, come sta per insegnarci l’impagabile Syme. Proprio per questo essi sono estranei alle “amorevoli” preoccupazioni pedagogiche del Partito, e da essi Winston, nei momenti di ottimismo, spera un possibile riscatto, peraltro rinviato a un futuro indeterminato. Addetti ai servizi e ai lavori manuali, i prol sono indotti all’abbrutimento totale. Julia, per esempio (v. post precedente), lavora nel dipartimento del Miniver deputato alla produzione di materiali pornografici destinati ai “proles”. Anche su di loro vigila la polizia, naturalmente. Ma non per rilevare deviazioni dalla correttezza politica. Qui lo scopo è diverso: scoprire per tempo l’eventuale apparizione,  tra i “proles”, di qualche ragazzo… diciamo un po’ troppo sveglio, e risolvere il problema in via preventiva. Mediante abbattimento.


Syme spiega a Winston l’oggetto del suo lavoro

Alla mensa aziendale (siamo negli scantinati del Ministero della Verità) Winston incontra un amico, Syme. Be’, non è proprio l’amico ideale, ma i tempi e l’ambiente sono quelli che sono… Syme è un filologo, e lavora alla compilazione dell’undicesima edizione del Dizionario di Neolingua. La sua passione sono le impiccagioni. Solo lamenta la stoltezza del boia, che a volte lega i piedi del condannato, vanificando così la parte più divertente dello spettacolo: lo scalciare nel vuoto della vittima morente. Parla sempre di questo genere di argomenti. O dei bellissimi effetti di raid aerei su popolazioni inermi. Per stornarlo da questi soggetti non c’è che un mezzo: chiedergli del suo lavoro.

“Come va il Dizionario?” chiese Winston, alzando la voce per sovrastare il rumore.
“A rilento” rispose Syme. “Sto lavorando agli aggettivi. È affascinante”.
Alla menzione della Neolingua il volto gli si era immediatamente illuminato. Spinse di lato il suo tegamino, prese con una delle sue mani delicate la sua fettona di pane, con l’altra il suo cubetto formaggio , e si sporse attraverso il tavolo per poter parlare senza gridare.
“L’Undicesima Edizione è quella definitiva” disse. “Stiamo portando la lingua alla sua forma definitiva, quella che avrà quando nessuno parlerà altro. Quando avremo finito, la gente come te dovrà reimparare la lingua di sana pianta. Tu pensi – lasciamelo dire – che il nostro compito principale consista nell’inventare parole nuove. Ma neanche per sogno! Le parole noi le distruggiamo: a dozzine, a centinaia, ogni giorno. Stiamo scarnendo la lingua fino all’osso. L’Undicesima Edizione non conterrà nemmeno una parola suscettibile di diventare obsoleta prima del 2050”.
Addentò avidamente il pane e mandò giù un paio di bocconi; poi riprese il discorso, con una sorta di passione pedantesca. La sua faccia affilata, bruna, si era animata; gli occhi avevano perso la loro espressione derisoria, apparivano quasi sognanti.
“Bella, la distruzione delle parole! Naturalmente la massa degli scarti si trova tra i verbi e gli aggettivi, ma ci sono centinaia di sostantivi di cui ci si può sbarazzare ugualmente. E non solo i sinonimi; ci sono anche gli antonimi. Dopo tutto, che ragione c’è di avere una parola che è semplicemente l’opposto di qualche altra? Una parola contiene in se stessa il proprio opposto. Prendi “buono”, per esempio. Se hai una parola come “buono”, che necessità c’è di una parola come “cattivo”? “Imbuono” andrà altrettanto bene; meglio, perché, al contrario dell’altra, è l’esatto opposto. O ancora, se vuoi qualcosa di più forte di “buono”, che senso ha disporre di tutta una serie di inutili parole dal significato vago come “eccellente”, “splendido”, e tutto il seguito? “Piubbuono” include il significato; o “bispiubbuono”, se vuoi qualcosa di ancora più forte. Naturalmente queste forme noi le usiamo già, ma nella versione definitiva della Neolingua non ci sarà nient’altro. Alla fine l’intera nozione di bontà e cattiveria sarà coperta da soltanto sei parole; una parola sola, in realtà. Non capisci la bellezza di questo, Winston? L’idea originale è stata del G.F., naturalmente”, aggiunse come per un ripensamento.
Una sorta d’insulsa eccitazione balenò sul viso di Winston alla menzione del Grande Fratello. Tuttavia Syme notò immediatamente una certa mancanza di entusiasmo.
“Tu non hai una reale considerazione per la Neolingua, Winston”, disse con una venatura di tristezza. “Anche quando scrivi in Neolingua, tu stai ancora pensando in Paleolingua. Ho letto qualcuno di quei pezzi che occasionalmente scrivi sul Times. Sono abbastanza buoni, ma sono traduzioni. In cuor tuo, tu preferiresti restare incollato alla Paleolingua, con tutta la sua indeterminatezza e le sue inutili sfumature di significato. Tu non afferri la bellezza della distruzione delle parole. Ma lo sai che la Neolingua è l’unica lingua al mondo il cui vocabolario si restringe ogni anno di più?”.
Winston lo sapeva, naturalmente. Sorrise, in un modo che esprimeva sintonia – sperava – non arrischiandosi a parlare. Syme dette un altro morso al pane scuro, masticò brevemente, e riprese:
“Non capisci che l’obiettivo della Neolingua è di restringere l’estensione del pensiero? Alla fine noi renderemo letteralmente impossibile il reato di pensiero, perché non ci saranno parole con cui esprimerlo. Ogni nozione che potrà mai servire sarà espressa da esattamente una sola parola, col suo significato rigidamente definito, e tutti i significati accessori cancellati o dimenticati. Già nell’Undicesima Edizione non siamo lontani da questa meta. Ma il processo continuerà ancora a lungo dopo che tu e io saremo morti. Ogni anno meno parole, e l’estensione della coscienza sempre un po’ più angusta. Anche ora, naturalmente, non c’è né ragione né scusa per commettere reati di pensiero. È soltanto un problema di autodisciplina, controllo della realtà. Ma alla fine non ci sarà alcun bisogno nemmeno di questo. La Rivoluzione sarà completa quando la lingua sarà perfetta. La Neolingua è l’Ingsoc e l’Ingsoc è la Neolingua”, aggiunse con una sorta di mistica soddisfazione. “Hai mai pensato, Winston, che entro il 2050, ma proprio al più tardi, non esisterà alcun essere umano in grado di capire una conversazione come quella che stiamo facendo in questo momento?”.
“Eccetto…” cominciò Winston esitante, e poi si fermò.
Stava per dire – l’aveva già sulla punta della lingua – “eccetto i prol”, ma si censurò, non sentendosi assolutamente certo che questa osservazione non rischiasse di risultare, in qualche modo, non ortodossa.  Syme, però, aveva indovinato cosa stava per dire.
“I prol non sono esseri umani” disse distrattamente. “Entro il 2050 – ancora prima, probabilmente – ogni effettiva conoscenza della Paleolingua sarà sparita. L’intera letteratura del passato sarà stata distrutta. Chaucer, Shakespeare, Milton, Byron… esisteranno solo in versione neolingua, non soltanto cambiati in qualcosa di diverso, ma di fatto mutati in qualcosa di contraddittorio rispetto a quello che erano prima. Persino la letteratura del Partito cambierà. Persino gli slogan cambieranno. Come potresti ancora avere uno slogan come “la libertà è schiavitù” una volta abolita la nozione di libertà? Sarà l’intera modalità del pensiero ad essere diversa. Diciamo che non ci sarà pensiero come lo intendiamo ora. Ortodossia significa non pensare… non aver bisogno di pensare. Ortodossia è inconsapevolezza”.

“Lo vaporizzeranno” pensa Winston allarmato. “Uno di questi giorni sparirà nel nulla come vapore. È troppo intelligente. E parla con disarmante chiarezza. Al Partito le persone così non piacciono proprio. Lo vaporizzeranno. Ce l’ha scritto in faccia”. 

Sarà davvero così? Chi vorrà vedrà!


Intanto non dimenticate, tra circa una settimana, di leggere il nuovo post: svilupperemo gli spunti offerti da Syme, e dalla “appendice” dell’Autore, per determinare obiettivi, struttura linguistica e stilistica della neolingua, e, alla luce degli insegnamenti orwelliani, daremo un’occhiata alla situazione odierna.