domenica, novembre 22, 2020

Toscanini ardito

 Ritratto eroico del Maestro tracciato da Gabriele D'Annunzio

Toscanini ritratto da Rietti
Toscanini in un ritratto di A. Rietti


Cent'anni fa, un mese prima che l'energica reazione di Giolitti ponesse fine alla dannunziana Reggenza del Carnaro, Toscanini, accogliendo un pressante invito del Poeta Reggente, portò l'orchestra della Scala a Fiume per tenervi un concerto. (In programma il Concerto in la maggiore per ocrhestra d'archi di Vivaldi, Fontane di Roma di Respighi, la suite Piemonte di Sinigaglia, la Sinfonia dai Vespri siciliani di Verdi; musiche di Beethoven, Debussy, Wagner). Con l’occasione, accorrono colà alcuni importanti esponenti dell’arte italiana: il pittore Benvenuti, i musicisti Sinigaglia, Montemezzi, un  “Maestro Ravenna”...  Dell’eletta schiera di musici fa parte  anche il battagliero Adriano Lualdi. È appunto da un libro di quest’ultimo (Viaggio musicale in Italia, 1927) che traggo le informazioni sull’episodio e il testo dannunziano che ha attratto la mia attenzione. Un discorso. “Molto bello anche letterariamente”: parola di Toscanini!

D'Annunzio in divisa

Notare le mostrine

con le ‘fiamme nere’

In onore del grande Maestro e della sua orchestra, il 21 novembre viene offerta, nel “Campo di  Cantrida” (località oggi nota per l’omonimo stadio), una spettacolare esercitazione guerresca. «Canti, inni, ululati dei legionari. Alle 9,30 scoppia un fragore infernale. Sparano i cannoni, i cannoncini e le mitragliatrici. Una compagnia di Arditi si lancia all’attacco di una supposta linea avversaria: grida altissime, scoppi di petardi e di bombe a mano. Un’altra compagnia contrattacca, volano a centinaia le bombe; e il fumo, le detonazioni, l’acre odore delle polveri, gli slanci e gli scarti dei legionari dànno a tutta la scena una selvaggia bellezza»… Poi, finito il “giuoco” –  “il più inebriante dei giuochi” – (e anche piuttosto realistico, se alla fine si contarono una dozzina di feriti!), i legionari si dispongono in quadrato intorno all’orchestra.  E, in quel silenzio quasi irreale dopo tanto frastuono, si leva alta la voce del Vate, o – meglio – del Comandante. Che del già celebre Maestro scolpisce un energico ritratto psicofisico, un Toscanini “tutt’osso e nervo e animo”, ascrivendolo d’ufficio ai temutissimi “reparti d’assalto” degli Arditi, detti anche “Fiamme nere” dalle mostrine della loro divisa. Anzi, tutti i componenti dell’orchestra vengono d’ufficio promossi a legionari, e assegnati alla neocostituita Legione orfica!

Del discorso do il testo integrale, come riportato da Lualdi, comprese talune sbavature dettate dallo spropositato ego dannunziano e dal suo misticismo bellicista (v. mito bella morte). Tralasciarle avrebbe, forse, fatto meglio risaltare il ritratto di Toscanini, che è il tema vero di questo mio intervento; ma, d'altra parte, non sarebbe stato corretto privare il ritratto stesso del contesto “eroico” nel quale tanto appropriatamente s’inscrive.  

Prima, però, lasciatemi premettere alcune informazioni utili a meglio comprendere certe insistenti allusioni del discorso.

il Montesanto

Il Montesanto circa due mesi dopo la conquista italiana,

 con i segni evidenti dell’asprezza dei combattimenti


Arturo Toscanini, quarantottenne all’entrata in guerra dell’Italia, non era più soggetto alla leva. Ma, ardente interventista com’era, cercò di sostenere lo sforzo bellico come meglio poté. Così accettò volentieri l’invito a trascorrere qualche giorno in zona d’operazioni per dirigervi una banda militare a conforto  e incoraggiamento dei combattenti.  Sul Montesanto appena conquistato (oggi Sveta Gorica, in territorio sloveno), la sera del 26 agosto 1917 dirige la banda militare divisionale nell’esecuzione, tra l’altro, della Marcia reale e dell’Inno di Mameli. Un concerto di circa un’ora, con rabbioso contrappunto di percussioni (obici e mortai) gentilmente offerto dalle artiglierie austriache.

 

Toscanini al fronte
Toscanini sul Montesanto

Il generale Cascino, dopo la conquista del Montesanto, tentò quella del San Gabriele. E lì, pur ferito, si ostinò a non abbandonare il posto di combattimento. Quando, finalmente, accettò il ricovero in ospedale era troppo tardi. Morì dopo alcuni giorni di agonia.

Ma diamo la parola al Comandante.   

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Fiamme nere, avete meritato stamani l’encomio di questo ardito che si chiama Arturo Toscanini, com’egli meritò sul Montesanto l’encomio dell’eroico Cascino che alla conquista diede il suo sangue intero.

Egli vi dice che nel sinfoneggiare siete incomparabili. Ve lo dice il condottiere delle più vaste sinfonie. Siatene orgogliosi.

Non potevate fare più bella accoglienza a chi, su la cima conquistata, intrepido sotto il fuoco nemico, batté la misura agli assaltatori che cantavano a squarciagola gli inni nazionali per superare il tuono degli obici e dei mortai.

Toscanini dirige uno
... con quel cipiglio ...

Guardatelo.  È della vostra razza, scarnito come voi, ossuto come voi, nervuto come voi. La sua testa è intagliata nell’osso duro, tra mento e fronte, con quei profondi incavi che gli si formano tra orecchie e naso quando serra labbra e mascelle, con quel cipiglio che fa pensare alla guardatura selvaggia del cigno sotto il rigonfio del rostro, con quel collo che l’energia dilata come per riempirglielo di comandi inespressi.

Guardatelo. Guardategli la mano che tiene lo scettro.

Il suo scettro è una bacchetta leggera come una verga di sambuco; e solleva i grandi flutti dell’orchestra, sprigiona i grandi torrenti dell’armonia, apre le cateratte della grande fiumana, scava le forze del profondo e le rapisce al sommo, frena i tumulti e li riduce in sussurri, fa la luce e l’ombra, fa il sereno e la tempesta, fa il lutto e il giubilo.

 Chi è dunque?

 È un capo, come io sono un capo, o mia gente.

Mi basta un gesto per scagliare d’un tratto i miei battaglioni contro il pessimo degli ostacoli. Mi basta un gesto per prendervi di peso tutti e trasportarvi dove il coraggio umano non è giunto mai. Mi basta un gesto per scoccarvi tutti, urlanti o mutoli, di là dal prodigio e di là dalla morte. 

 È  vero?

Toscanini dirige due

Basta un gesto

Qualche cosa di simile fa costui con queste altre anime. Intendete?

Si contraeva tutto, dianzi, quando vi guardava balzare all’assalto.

La vostra sinfonia non era la sua, ed era pur sua.

La fiutava con le narici aperte. Gli si riformava il cipiglio sul fuoco delle occhiaie. Gli si rigonfiava di comandi il collo.

Era la sinfonia del Montesanto. Questo circo di Cantrida era la vetta di quel suo calvario sanguigno e ferrigno. C’erano gli scoppi, c’erano i tuoni, c’erano le vampe, c’erano le grida, c’erano i canti, c’era il furore, c’era la vittoria.

E c’era, soprattutto, la bellezza.

La roccia carsica a picco, che sembra pavesata di giubbe leonine:

e gli alberi a ponente piantati nel sasso come aste di gonfaloni colorati dall’autunno coi colori di Fiume: col giallo, col violetto, con l’amaranto;

e il cielo che si precipita verso la terra con le sue coorti tumultuose per espugnare la nuvola della vostra battaglia;

e il Carnaro loricato che brilla come le squame della corazza romana;

e l’inferno subitaneo dei lanciafiamme, i crateri che s’aprono, i roghi che crollano, i getti che scrosciano, il fumo fosco che si gonfia di vampa abbagliante come d’un respiro vulcanico;

e contro le grandiose volute il coraggio grandeggia sopra gli uomini che strisciano e scompaiono…

in quale altro luogo del mondo possono gli uomini dare agli uomini un tanto spettacolo?

È il più inebriante dei giuochi.  È  il giuoco mortale.  È  la gioia del rischio per la gioia del rischio. Il sangue gronda e sfolgora. Le schegge aprono nella vostra pelle tante altre bocche rosse perché possiate più ridere ed esultare.

C’è chi di voi è fasciato; e c’è chi lascia gocciolare il sangue per adornarsene.

Mostratelo a questo maestro. È un buono stimatore di rubini. Ne vide di splendidissimi nell’estate del 1917; ne vide di rocca vecchia.

Questi sono di rocca nuova, ma senza paragone e senza prezzo.

Si dànno per nulla, e si danno per il prezzo del mondo.

Fiamme nere, questo ardito tutt’osso e nervo e animo ha il petto attraversato da quell’azzurro della prodezza per cui sembra rinnovellarsi nell’italiano eroico il mito di quel semidio che portava sul torace un frammento di cielo stellato.

 E nella sua schiera ci sono vecchi fanti che dalla trincea penosa tornarono agli scanni dell’orchestra; e certe volte, in una entrata di strumenti, si rammentano come il taglio della trincea sparisse al balzo della prima ondata d’assalto.

Fiamme nere, volete voi offrire all’ardito del Montesanto e alla sua gente la medaglia di Ronchi, il bronzo di Ronchi, segno di fede e pegno di lotta?

 È bella questa risposta squillante.

I nuovi legionari promettono di portare la medaglia di Ronchi in ogni luogo dove sieno radunati, segno d’orgoglio e pegno di fraternità.

Una buona legione s’aggiunge alle nostre legioni: la legione orfica.

Come nel salmo, magnificherà la buona causa con le trombe e con le corde, con i cimbali e con i timpani.

Salutatela, fiamme nere di Nunziante, fiamme nere di Castelbarco, lupi di Randaccio!

Agitate i gagliardetti!

Gridate tre volte l’alalà!

Il cielo del Montesanto s’inarca su Cantrida, e l’Italia eterna ci guarda!

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Per finire, permettetemi di aggiungere che la stima tra i due artisti era reciproca. A testimoniarlo è ancora Lualdi, trent’anni dopo la pubblicazione del libro, in una “Lettura” tenuta a Firenze nel 1957 (D’Annunzio e la musica), successivamente pubblicata e ora disponibile online sul sito di Laureto Rodoni.

Ricorda, dunque, il compositore molisano che quella sera stessa, rientrato D’Annunzio a Palazzo, Toscanini e gli amici andarono a cena all’Ornitorinco. Com’era naturale, la conversazione s’incentrò sugli avvenimenti del giorno. E sentite come il Maestro commentò il discorso del Vate:

«Molte cose dette da d'Annunzio questa mattina a Cantrida mi hanno lasciato incerto sui limiti fra ispirazione e virtuosismo, perché il discorso è stato molto bello anche letterariamente; ma questa sera, mentre dirigevo e sentivo, proprio sentivo tutta la tensione del suo spirito polarizzarsi su me e sull’orchestra, mi sono accorto che con le sue parole d'Annunzio aveva esattamente presentiti i caratteri delle musiche e i limiti e la intensità dei colori che avrei toccati. Ora questo è molto al di là del virtuosismo e della fantasia letteraria. Questa è, nei riguardi della Musica, autentica sensibilità

 

D'Annunzio soldato tra soldati
D'Annunzio soldato tra soldati


Riconoscimenti:

1. il Ritratto di Rietti è di proprietà della Scala;

2. la foto di Toscanini al fronte è ripresa dal sito “Verona-in.it”;

3. le due foto di D'Annunzio sono tratte dal sito “Dauniacom”;

4. la prima foto di Toscanini intento a dirigere è tratta dal sito “memoriesbook”; la seconda dal sito “ilpiacenza”;