mercoledì, novembre 28, 2018

BARILLI, LA MUSICA E MEDUSA



bruno barilli ritratto dalla figlia milena nel 1938
Bruno Barilli
ritratto dalla figlia Milena
(1938)


Nei due post precedenti (trama e analisi libretto) ci siamo soffermati sul testo poetico dell’opera lirica Medusa di Bruno Barilli. Qui ci occuperemo di Barilli musicista, della sua formazione, del suo tormentoso amore per la musica, della composizione e vicissitudini della Medusa, del rapporto singolare che legò il musicista a questa sua creatura prediletta.
Chi mi ha seguito nei due precedenti articoli rimarrà comprensibilmente deluso, perché si aspettava di trovare l’analisi dell’opera dal punto di vista musicale. Questo era appunto nelle mie intenzioni. Sennonché, in sede di realizzazione, ho dovuto constatare che l’indispensabile premessa all’analisi aveva finito con l’assumere essa stessa le dimensioni di un post, col rischio di compromettere la leggibilità complessiva. Non mi è rimasto che prenderne atto, e scusarmene con voi rinviandovi ancora una volta al prossimo incontro…


Bruno Barilli, “martire di un’esistenza a due facce”

Il nostro compositore nacque a Fano il 14 dicembre 1880 “di padre pittore parmigiano e madre fanese”, come annota l’interessato. L’infanzia e l’adolescenza trascorse a Parma, studiando all’Istituto tecnico, per poi dedicarsi interamente alla musica. A vent’anni “scappò” a Monaco di Baviera. Alla Tonkunst Akademie frequentò “le classi di armonia, contrappunto, fuga e composizione”. Studiò direzione d’orchestra sotto la guida del wagneriano Felix Mottl. Ottenne il diploma “a ventiquattro anni”; dunque nel 1905 (o, al più presto, a fine 1904) e non nel 1903 come viene generalmente ripetuto.
A Monaco conobbe Danitza Pavlovic – figlia di una cugina del re di Serbia Pietro Karageorgevic – studentessa di canto, di un paio d’anni più giovane. Diverrà sua moglie e gli darà una figlia.

La più calzante e sintetica definizione della personalità di Bruno Barilli l’ha data il diretto interessato: “martire di un’esistenza a due facce: la musica e la letteratura”. Ma, attenzione: non si tratta del “felice contrasto tra l’elemento drammatico e l’elemento lirico che più o meno avviene nell’animo di ogni artista e ne feconda e stimola la facoltà creativa”, come ottimisticamente scrisse il suo amico Alberto Savinio. Barilli una scelta l’avrebbe fatta, e senza esitazioni. Le necessità e le circostanze della vita ne fecero un giornalista di successo, un critico ammirato e temuto (e a volte detestato), uno scrittore di talento universalmente riconosciuto e lodato. Ma erano panni, questi, sontuosi quanto si voglia, in cui lui si sentiva troppo stretto. “La letteratura non è per me che un incidente che dura da quarant’anni”, gridava a chi cercava di disacerbarne il risentimento richiamando la sua attenzione sulla stima universale di cui godeva in quel campo. Adorava la musica, lui; si sentiva musicista fin dalle più profonde radici del suo essere, e in quanto musicista avrebbe preteso pubblico riconoscimento. La mancanza di un riconoscimento adeguato delle sue doti di musicista resta il suo cruccio più tormentoso e duraturo. La musica era per lui il suo stesso sangue, la sua vita. “Una delle ultime e delle più indimenticabili cose che ebbe a dire prima di morire fu che per lui riaccostarsi alle sue opere era il solo modo che ancora gli avanzasse per ritrovare e rigodere un po’ di vita: lì tra quelle note scorreva il suo sangue più genuino, e riudirle era per lui come riattingere sangue dalle sue stesse vene” ricorda Enrico Falqui. Purtroppo anche in questo non fu particolarmente fortunato. Pochissime le rappresentazioni teatrali delle sue opere, poche le radiodiffusioni. Per ironia del destino, qualche settimana prima della sua morte la radio francese aveva trasmesso sue musiche, ma lui lo seppe a cose fatte, e se ne afflisse moltissimo. Più sfortunato ancora sarebbe stato con la riedizione della Medusa da parte della Rai…
 

Due opere

Scrisse due opere, Medusa ed Emiral, entrambe vincitrici di “premi nazionali”, come ricorda con amara ironia, osservando che lui, il vincitore, rimaneva “escluso rigorosamente dagli editori, dai teatri e adesso anche dalla Radio”. Nel 1943, poi, decise di mollare il lavoro di giornalista per dedicarsi esclusivamente alla composizione di una terza opera. “Comprai un pianoforte nuovo, molta carta da partitura” – ricorda, con una tristezza che vanamente cerca di dissimulare sotto una velatura di umorismo. “Affittai una stanza a Siena (Anche allora c’era la guerra). La mia stanza si trovò incastrata fra i due eserciti, gli alleati e i tedeschi, e in più le cascarono addosso i partigiani e i repubblichini. In conclusione scomparvero il pianoforte, la carta da partitura e anche la stanza con tutte le mie robe. Così scomparve ancora prima di nascere la mia terza opera”.
Miglior sorte ebbero, dunque, le prime due, anche se il loro autore non smise mai di compiangerle.
La prima opera a ottenere pubblico riconoscimento fu la sua seconda, Emiral, in un solo atto: una storia d’amore e morte ambientata in un’Albania preistorica, con musiche dove non è difficile cogliere il voluto sapore slavo. Composta nel 1915, vincitrice del Premio nazionale nel 1923 (in commissione giudicatrice c’era Puccini!), venne rappresentata al Costanzi di Roma nel 1924, con un notevole ma non incontrastato successo.

Medusa: incerta data di nascita

Della primogenita, quella di cui ci stiamo occupando, confesso di non essere riuscito ad
Bruno Barilli con la valigia in mano

Una foto emblematica di Barilli
l’eterno errabondo
appurare l’esatta data di nascita (va da sé che non si tratta di conoscere il giorno!) . I numerosi riferimenti dell’autore risultano francamente contraddittori. In una pagina di relazione di viaggio, che il ricordo commosso della composizione del secondo atto della Medusa gli accende in uno squarcio di poesia visionaria, l’autore conclude: “Questo sì, che si chiamava comporre un’opera in musica, per un pubblico che non l’avrebbe ascoltata che dopo trentadue anni”…, il che ci riporterebbe al 1906
(1938 - 32)! Ma nel Taccuino LXVI quelle indimenticabili cinque o sei notti palermitane sono posticipate al 1911. Nel taccuino successivo, poi, l’anno capitale risulta il 1910: “Quando lei non era ancora nato, cioè nel 1910”, polemizza con non so chi, “ho scritto la mia prima opera”. E mi fermo qui, perché la citazione di altri passi non farebbe che aumentare la confusione. D’altra parte, la signora Barilli, che assistette commossa alla prima bergamasca (11 settembre 1938) dice che l’opera era stata composta venticinque anni prima, il che ci riporterebbe al 1913… Di certo sappiamo che: nel 1914 vinse il premio Mc Cormick, nello stesso anno fu pubblicata la partitura di due frammenti (“Sia lode a te”; “Rimango”); nel 1917 fu pubblicato lo spartito intero (canto e pianoforte), nel 1938 (11 settembre) ebbe la prima esecuzione pubblica… Dunque facciamo così: prendiamo il 1910 come l’anno in cui l’opera era sostanzialmente conclusa, anche se cominciata un paio d’anni prima e certamente ritoccata in seguito (“Scrissi le ultime battute nel 1914”).

Medusa: una prima a lungo sospirata

Né il premio Mc Cormick, né la pubblicazioni dello spartito, né la notorietà dell’autore come scrittore e temuto critico musicale valsero all’opera l’approdo in palcoscenico.
Barilli dice che, finito di comporla, l’aveva colpevolmente abbandonata in un cassetto. La cosa non mi sembra molto credibile. È vero che le necessità della vita lo avevano costretto ad occuparsi di tutt’altro, e che poi era sopraggiunta la guerra, e nel frattempo ne aveva composta un’altra… Ma la pubblicazione dello spartito (1917), con esplicita dedica “alla mia Daniza”, sia pure in un’edizione trasandata, certo non era avvenuta senza suo interessamento. Forse avrebbe potuto e dovuto fare di più. O forse avrebbe dovuto… far violenza alla propria natura, smussando l’asprezza polemica di certi suoi interventi così da rendersi più accetto negli ambienti musicali allora in auge…
Ad ogni modo, l’occasione tanto a lungo sospirata venne, come già sapete, l’11 settembre 1938, in un teatro di provincia, deputato alle… “novità”.
Quella indimenticabile serata della prima, Barilli, per colmo di felicità, ebbe anche il conforto di avere con sé – circostanza rara – la propria famigliola al completo. Riviviamola, quella prima, nel commosso ricordo della dedicataria, della signora Danitza Pavlovic Barilli, che traggo dal suo scritto La vita di mia figlia .

Quella sera vivemmo tutti e tre i momenti senz’altro più forti e impressionanti  delle nostre vite. Il successo dell’opera, di ogni atto in particolare, fu del tutto sorprendente e inimmaginabile. Tutte le pause furono riempite da un’imponente ovazione e da chiamate e applausi. Richiamarono in scena a forza il padre di Milena un’infinità di volte.
Egli, per natura molto modesto, non sapeva come comportarsi in quel sogno meraviglioso. Tutti e tre eravamo pallidi come fantasmi, lui sul palcoscenico e noi fra il pubblico. Questa emozione era troppo forte per lo stato dei nostri nervi. Milena si tormentava le lunghe dita sottili, a me scorrevano le lacrime e mi cadevano in grembo, e ognuna di esse cancellava il ricordo di un anno pieno di amarezze della mia vita. Eravamo come sfiniti da una strana felicità. (Medusa era stata scritta 25 anni prima). Nessuno di noi tre poté pronunciare nemmeno una parola, dopo la fine dello spettacolo”.


autoritratto di milena barilli col velo
Milena Barilli
in un estroso autoritratto del 1939
(part.)

Il successo non arriva

Fu per l’autore un momento di grande  soddisfazione. Ma non più che un momento. L’opera fu ripresa, infatti, una sola volta, a Napoli, in giorno bisestile (29 febbraio 1940), quasi a simboleggiarne la marginalità, un’inclusione in cartellone in una posizione rimediata all’ultimo momento, tanto per non mostrarsi scortesi… Il più autorevole quotidiano napoletano, “Il Mattino”, il 28 febbraio si limita a darne l’annuncio, e l’elenco degli interpreti. Il primo di marzo, in un trafiletto a p. 4, ne registra l’avvenuta esecuzione, e si allarga fino a ricordare che la prima aveva avuto luogo a Bergamo. Nessun’annotazione di merito. Difficile non pensare alla congiura del silenzio più volte lamentata da Barilli.

 
terrazza di un palazzo con personaggi della medusa di barilli
Scena della Medusa
al San Carlo di Napoli
29 febbraio 1940


Bisogna, tuttavia, aggiungere che la qualità dell’esecuzione aveva lasciato insoddisfatto l’autore stesso. “In quei giorni difficili – ricorderà nel Taccuino LXVIII – il regista era il mio peggiore amico e il direttore d’orchestra il mio miglior nemico”! Del resto, lo aveva già annotato al momento, al tempo dei “giorni difficili”: “Medusa data quest’anno al San Carlo, che è qualcosa come un circo equestre…” scrive, nel suo solito idioma privato, da appunti, (francese ortograficamente poco ortodosso picchiettato di espressioni italiane) nel Taccuino LXIII. E subito, a levare ogni sospetto di partigianeria, avverte che non ne parla come autore, ma come ammiratore. A distanza di tanti anni – dice – essa è ormai autonoma: “ha la sua indipendenza e la sua età”. Ma subito si contraddice, come un padre assalito da sensi di colpa. “Devo farla conoscere, io che l’ho messa al mondo e poi l’ho abominevolmente abbandonata e dimenticata per trentadue anni di seguito. (…) Merita che le voti i giorni e il resto della mia vita”. Ed effettivamente lottò finché ne ebbe la forza, convinto che, “un giorno o l’altro”, il suo valore sarebbe stato riconosciuto. “Fu così, che nel giro di cinque o sei notti io scrissi il secondo atto d’un’opera di cui un giorno o l’altro l’Italia musicale mi dovrà far la ricevuta”, scrive a conclusione della già ricordata lirica rievocazione delle ardenti notti palermitane che videro nascere il duetto d’amore tra Stefan e Medusa.


Come una figlia…

Un amore viscerale lo lega a questa sua creatura primogenita, quasi sostituta della sua figliola carnale, Milena, natagli negli stessi anni di Medusa (1909), adorata ma vissuta quasi sempre lontana da lui, eterno bohémien.
L’espressione più commovente di questo sentimento l’affidò a un articolo del 10 aprile 1941 su “Il popolo di Roma”. Dopo avere esposto – anche attingendo agli appunti da noi già parzialmente riportati – le ragioni per cui tiene tanto a questa sua opera, conclude: “Spiegarmi di più non saprei. / È questione di sentimento. / Ma il primo beccamorto che m’impedisce di scrivere quel che voglio, gli sputo in faccia”. Poi, accortosi d’essersi ancora una volta lasciato prender la mano da quella franchezza che, a suo giudizio (ma si sbagliava?) tanti guai gli aveva procurato, si affretta a chiedere “umilmente perdono”. “Del resto”, aggiunge, “son pronto a farne ammenda fin che si vuole. / Venitemi pure addosso.- / Non è di me che m’importa – Ma Medusa, come una figlia – Vi prego di non farle del male” (corsivo mio; e notate quella forzatura sintattica, che lascia aperte varie ipotesi interpretative – “in quanto è per me una figlia”; “come fareste verso una figlia”… – tutte convergenti nel sottolineare la tenerezza, e la sacralità, di quel legame!).




Povero Barilli! Ricordate? “Lì tra quelle note scorreva il suo sangue più genuino, e riudirle
Bruno Barilli con la figlia Milena
Bruno Barilli
con la figlia Milena
era per lui come riattingere sangue dalle sue stesse vene”, ricorda Falqui. E di un po’ di trasfusioni di quel sangue nei suoi ultimi giorni avrebbe avuto urgente bisogno. “Cerca di non farla eseguire tanto tardi, perché temo di non arrivare a sentirla” disse a Mario Labroca che, in qualità di condirettore alla direzione centrale dei programmi della Rai gli diceva che della sua creatura prediletta era in programma una registrazione radiofonica. “Sarà eseguita al principio dell’estate” azzardò Labroca, cercando di allontanare da lui quel funesto presentimento. “Ci arriverò” rispose sollevato. E invece non ci arrivò. Morì a Roma il 15 aprile 1952. La registrazione fu effettivamente eseguita, postuma, il 26 luglio. Da essa prenderemo le mosse nel prossimo post. Ne vale la pena!



Riconoscimenti: 
- riprendo il passo di Danitza Pavlovic Barilli da Adele Mazzola, Aquae Passeris: la vita di Milena Pavlovic Barilli, p. 56;
- il ritratto di Barilli e la foto di B. con la figlia sono ripresi da wikisource.org;
- la foto di Barilli errabondo è ripresa da Rodolfo Dini, Poesia magica di BB;
- scena della Medusa, foto Istituto Luce;
- l'autoritratto di Milena è di proprietà della "Milena Pavlovic Barilli Galerija" di Pozarevac, Serbia.