Il Natale del Redentore di Perosi: Testo e Guida all'ascolto della Parte seconda.
INTRODUZIONE
A distanza di un anno, torno ad augurare buon Natale ai
miei amici con un post di musiche natalizie. Questa volta porterò in scena Il Natale del Redentore, un oratorio di
Lorenzo Perosi (Tortona 1872 – Roma 1956). Prima, però, ritengo doveroso affrontare un problema preliminare.
Ha senso proporre a un pubblico indifferenziato (credenti di varie confessioni religiose, atei, agnostici ecc.) un’opera
d’arte di contenuto apertamente religioso, cristiano? Chiarisco subito che la
questione qui proposta non riguarda la presunta opportunità di evitare opere che possano
risultare “offensive” alla sensibilità di “altre confessioni religiose”, come
ipocritamente generalizza chi non ha nemmeno l’onestà di chiamare le cose col loro nome. Una siffatta pretesa non è né un problema, né un’opinione degna di discussione, bensì attendibilissima
autocertificazione d’ignoranza.
Qui ci si domanda se un’opera d’arte
dichiaratamente ispirata ai contenuti di una fede religiosa possa interessare
anche persone che quella fede non condividono. Questione, questa, meritevole di ampia discussione che qui risulterebbe fuori luogo. Perciò mi limito a riproporre la risposta data da Carducci, uno
che per la religione cattolica non pare nutrisse eccessive simpatie, se è vero
che in uno dei suoi giambi più violenti non esitò – lui “sacerdote de l’augusto
vero” - a scomunicare nientemeno che il
Papa, “pontefice fosco del mistero”!
In un suo sonetto oggi dimenticato, il poeta maremmano si domanda come mai lui, che niente condivide della fede religiosa di Dante, lui che detesta le sue idee politiche sulla funzione dell’impero, non si stanchi mai di studiare e meditare quella sua Commedia che di quella fede, e di quella visione politica, si sostanzia da un capo all'altro. La risposta è nell’ultimo verso: “Muor Giove, e l’inno del poeta resta”. E questo – aggiungo – perché un’opera d’arte degna del nome si sostanzia di sentimenti generalmente umani, tipici di tutti gli uomini che non hanno dismesso la propria umanità. Sentimenti quali, per esempio, la tenerezza verso la maternità, o il senso di profonda riverenza verso ciò che trascende la nostra terrena dimensione…
In un suo sonetto oggi dimenticato, il poeta maremmano si domanda come mai lui, che niente condivide della fede religiosa di Dante, lui che detesta le sue idee politiche sulla funzione dell’impero, non si stanchi mai di studiare e meditare quella sua Commedia che di quella fede, e di quella visione politica, si sostanzia da un capo all'altro. La risposta è nell’ultimo verso: “Muor Giove, e l’inno del poeta resta”. E questo – aggiungo – perché un’opera d’arte degna del nome si sostanzia di sentimenti generalmente umani, tipici di tutti gli uomini che non hanno dismesso la propria umanità. Sentimenti quali, per esempio, la tenerezza verso la maternità, o il senso di profonda riverenza verso ciò che trascende la nostra terrena dimensione…
Forma e argomento del
Natale del
Redentore
Il Natale del
Redentore è
propriamente un oratorio. Per i meno
esperti, ecco una definizione particolarmente sintetica, ripresa dal dizionario
Garzanti: “forma musicale drammatica di argomento religioso, eseguita da
solisti, coro e orchestra, ma senza messinscena teatrale”. Rispetto all’opera
lirica – la “forma musicale drammatica” per eccellenza – l’oratorio si
caratterizza per il soggetto, istituzionalmente religioso, per la mancanza di ambientazione
scenica, e per il fatto che i personaggi non agiscono (non sono attori), ma si
limitano a cantare.
L’argomento dell’oratorio qui proposto è dichiarato già
nel titolo: la rappresentazione stilizzata della nascita di Gesù e delle circostanze
che accompagnarono l’evento. Veramente l’opera ha anche una prima parte, una
sorta di antefatto, dedicata all’Annunciazione. Ovviamente sarebbe
raccomandabile l’ascolto dell’opera nella sua interezza. Io, però, per sfuggire
all’accusa della mano troppo pesante, limiterò le mie osservazioni alla seconda
parte, “Il Natale” propriamente detto. Anche in considerazione del fatto che, rispetto alle
proposte dell’anno scorso, qui si va sul difficile(!!): alla parte strumentale
si aggiunge il canto, non solo dei solisti, ma anche del coro! E non basta: la
lingua del testo è il latino, che certo nessuno dei miei amici confonde con “la
lingua dei latinos”, ma qualche difficoltà in più la offre… Difficoltà peraltro
già contemplata dall’Autore, che al testo latino affianca una traduzione
italiana (qui scrupolosamente riprodotta).
Il testo è costituito da passi dei primi due capitoli del
Vangelo secondo Luca – opportunamente scorciati – intervallati da qualche breve
citazione biblica e da due inni liturgici. I personaggi sono: lo Storico, cioè
il cronista, l’Evangelista (baritono), Maria e l’Angelo Gabriele (rispettivamente soprano e tenore; solo nella
Parte I), Angeli (soprano e mezzosoprano) e
Coro.
GUIDA
ALL’ASCOLTO
Mentre la Parte I (“L’Annunciazione”) – o, più
propriamente, il brevissimo prologo – entra subito in medias res con il canto del coro (In nomine Iesu Christi. Amen), la Parte II comincia
con un breve preludio orchestrale, su un tema cullante introdotto dai corni,
dove riconosciamo qualche eco sonora del wagneriano Tristan und Isolde (atto II, sc. 1); riecheggiamento a mio parere
non casuale (l’abito talare serrava a don Perosi l’accesso al teatro d’opera,
ma non gli vietava la frequentazione di partiture teatrali). Quindi, assistito
dagli archi, e svolgendo un secondo tema, destinato a ripresentarsi più volte
nel corso dell’oratorio, il coro intona un breve canto di gioia (Iucundare, filia Sion), chiuso
dall’orchestra con un’ultima, sommessa ripresa del cullante tema iniziale.
Ha inizio la narrazione: Facutm est in diebus illis exiit edictum… Sostenuto discretamente da una musica discorsiva, lo Storico narra come, in
ottemperanza a un editto di Augusto, Giuseppe e Maria si mettessero in viaggio
per farsi censire a Betlemme, città dei loro padri. Al risuonare del nome della modesta cittadina destinata a dare i natali al
Messia, il piano
fluire della narrazione improvvisamente s’innalza, ad assumere toni di aperta celebrazione. E, coerentemente, il Coro
si unisce all’entusiasmo
celebrativo dello Storico, intonando la biblica profezia che la riguarda (Et tu,
Bethlehem) .
Riprende la narrazione: cum essent ibi, impleti sunt dies ut pareret (“mentre si trovavano lì, si compirono i giorni del parto”). Siamo al momento cruciale, ed è lui stesso, lo Storico, a sospendere la narrazione per affrettare col desiderio l’evento miracoloso. “O Emmanuel” esclama, “o Adonai”… Ricordate il Veni, veni, Emmanuel che l’anno scorso abbiamo visto ripreso ed elaborato da Respighi? Come Emmanuel (“Dio con noi”), anche Adonai (“Mio Signore”), è espressione ebraica. Invocazioni, l’una e l’altra, che dànno inizio a due delle Antifone cantate dalla Chiesa in preparazione del Natale.
Riprende la narrazione: cum essent ibi, impleti sunt dies ut pareret (“mentre si trovavano lì, si compirono i giorni del parto”). Siamo al momento cruciale, ed è lui stesso, lo Storico, a sospendere la narrazione per affrettare col desiderio l’evento miracoloso. “O Emmanuel” esclama, “o Adonai”… Ricordate il Veni, veni, Emmanuel che l’anno scorso abbiamo visto ripreso ed elaborato da Respighi? Come Emmanuel (“Dio con noi”), anche Adonai (“Mio Signore”), è espressione ebraica. Invocazioni, l’una e l’altra, che dànno inizio a due delle Antifone cantate dalla Chiesa in preparazione del Natale.
L’orchestra, dopo aver accompagnato gioiosamente
la fiduciosa invocazione, ne prolunga il sentimento in una
breve coda. Poi, d’un tratto, intristisce, si incupisce… Ed ecco la voce triste
del corno inglese, presto doppiato da clarinetto e corno, intonare un motivo
dolorosamente digradante per gradi cromatici congiunti, risollevarsi per un
attimo fino alla dominante, per ricadere, desolata, sulla tonica di La minore… È
un’autocitazione: il musicista aveva già impiegato quello spunto nel precedente
oratorio La Passione di Cristo,
facendone il tema del Preludio della III parte e poi la sostanza melodica del
lamento supremo di Cristo al momento della massima desolazione, dagli
evangelisti citato in lingua originale: Eloi,
Eloi, lamma sabacthani? (“Dio mio,
Dio mio, perché mi hai abbandonato?”).
Che ci fa – ci chiediamo – che ci fa qui, nel momento in
cui si annunzia il ‘lieto evento’ per antonomasia, un motivo tanto sconsolato? Osservate
il tondo botticelliano (qui riprodotto in bianco e nero): rappresenta la Madonna adorante il
Bambino. Accanto a loro un bambino più grandicello, San Giovanni
Battista. Come in tanti altri dipinti dello stesso soggetto, San Giovannino regge una croce. Un oggetto incongruo, per ragioni evidenti. Ma quella croce,
illogica dal punto di vista realistico, ha valore allusivo: la tradizione
pittorica, mettendo in mano al Precursore quel segno di supplizio, intende ricordare
allo spettatore che quel bambino è destinato a una morte atroce per la salvezza
dell’umanità. Lo stesso valore allusivo ha qui il motivo intonato dal corno
inglese. Veni ad salvandum nos,
avevano appena invocato lo Storico e il Coro, e subito il musicista ci ricorda
che quella salvezza ha un prezzo, un costo atroce. Del resto, che don Perosi
proprio questo avesse in mente ce lo dice anche un ripensamento in corso
d’opera. Il manoscritto del nostro oratorio, conservato nell’Archivio storico
Ricordi, reca il titolo originario Il
Natale di Gesù Cristo, poi cancellato e sostituito da quello attuale, che
pone l’accento sul momento della Redenzione.
Siamo giunti al cuore della narrazione. Canta lo Storico:
Et peperit filium suum primogenitum: et
pannis eum involvit et reclinavit eum in praesepio (“E partorì il suo
figliolo primogenito, e lo fasciò e lo adagiò in una mangiatoia”).
Mettiamoci pure dal punto di vista di chi nel Vangelo di
Luca vede solo un testo favoloso; e nell’evento narrato niente più che un’invenzione poetica
particolarmente fantasiosa… Il mistero della vita che si rinnova commuove
comunque. Un bambino, un neonato indifeso e bisognoso di tutto, fa tenerezza
comunque. Ma se – facendo propria la supposta ispirazione poetica – si pensa, s’immagina, che quel
bambino venuto al mondo in estrema miseria, adagiato su una povera mangiatoia
d’animali, è il creatore dell’universo fattosi uomo per amore degli uomini,
be’, conveniamone: chi, davanti a una creazione poetica così sublime può
davvero restare insensibile? Certo non resta insensibile don Perosi – profondamente
credente – che ci mostra, qui, a quali vertici di tenerezza può essere piegata
una robusta voce di baritono. Quanta delicatezza, quanta tenerezza, appunto,
quanto pudore, nell’accostarsi, quasi con tremore, al sublime mistero!
Il coro invita all’adorazione del divino Infante (Christum natum…). L’orchestra accompagna,
e conclude giubilante col tema del Iucundare.
Poi, senza stacco, l’oboe, presto seguito da flauto e corno inglese, e dall’intera
orchestra, attacca una sua triste melodia. È un breve, ampio “Interludio
orchestrale”, dall’autore definito “la notte tenebrosa”. Sbaglierebbe chi
interpretasse “tenebrosa” come un quasi sinonimo di “tempestosa”, e pensasse – poniamo – a sinistri bagliori orchestrali come quelli della notte tragica del Rigoletto. Le tenebre cui qui si allude
sono – io credo – quelle, fitte, del mistero dell’Incarnazione, sublime e
impenetrabile mistero di un Dio che si fa uomo per amore delle sue creature.
Certo è che siamo davanti a una splendida pagina meditativa, su sentimenti non
traducibili in espressioni verbali. Corno inglese, oboe e flauto s’incaricano della
melodia, volta ad approfondire l’accennato motivo della passione.
Rispondono archi e ottoni e legni con un loro tema profondo, misterioso,
ripreso, dopo una breve, intensa implorazione del corno, dai legni, punteggiati
dal pizzicato degli archi.
Ed ecco balzare in primo piano l’oboe, con un suo motivo giocoso, presto arricchito dal flauto: i due strumenti intrecciano le loro voci
come in un’ingenua gara di virtuosismo rusticano. Siamo, evidentemente, in
ambiente pastorale. Ce lo conferma lo Storico (Et pastores erant in regione eadem), e prosegue narrando
l’apparizione dell’Angelo in mezzo al bagliore d’una inspiegabile luce. A
sottolineare la vivezza dello splendore divino che li avvolge (et claritas Dei circumfulsit illos),
intervengono gli ottoni in tutta la gloria del loro clangore.
L’Angelo rassicura i pastori spaventati annunciando loro gaudium magnum, la nascita del Redentore, e fornendo i contrassegni per riconoscerlo: “Troverete un bambino avvolto in fasce, e adagiato in una mangiatoia”. Rassicurazione quanto mai necessaria, ché lo splendore si accresce, le presenze sovrumane si moltiplicano, un coro di voci celesti proclama la gloria di Dio e annuncia la pace agli uomini di buona volontà, mentre l’orchestra riprende e ancora una volta ripete il dolce motivo Iucundare.
L’Annuncio ai pastori
Como, Chiesa di Sant’Abbondio
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L’Angelo rassicura i pastori spaventati annunciando loro gaudium magnum, la nascita del Redentore, e fornendo i contrassegni per riconoscerlo: “Troverete un bambino avvolto in fasce, e adagiato in una mangiatoia”. Rassicurazione quanto mai necessaria, ché lo splendore si accresce, le presenze sovrumane si moltiplicano, un coro di voci celesti proclama la gloria di Dio e annuncia la pace agli uomini di buona volontà, mentre l’orchestra riprende e ancora una volta ripete il dolce motivo Iucundare.
La voce dell’oboe preannuncia la ripresa della narrazione.
Lo Storico ci informa della partenza degli angeli, che sulle onde del coro
noi vediamo ascendere volteggianti al cielo donde erano discesi. Poi cede la
voce ai pastori che si esortano reciprocamente a correre a verificare di
persona.
A dar voce ai sentimenti dei pastori pensa il Coro,
intonando l’inno liturgico Iesu,
Redemptor omnium (vedete quanto è insistito questo motivo della redenzione,
che quasi quasi sovrasta la gioia del Natale!). Poi, introdotto da un concitato
motivo degli archi che sembra alludere all’accorrere di altri e altri pastori, dell’intera umanità, alla povera capanna, ecco, solenne
e possente come sotto la grandiosa cupola michelangiolesca, esplodere all’unisono il primo versetto
del Te Deum, intonato sulla melodia
gregoriana nella versione cosiddetta popolare. Il canto prosegue alternando
unisono a polifonia, motivi gregoriani a rielaborazioni personali del
Perosi.
Al termine dell’inno di ringraziamento, il Coro intona il
Iucundare, filia Sion dell’inizio di
questa Parte seconda. Con una variante: mentre là si invitava la filia Sion ad esultare perché Dominus veniet (“sta per giungere il Signore”), qui
la si esorta a farlo quia venit Dominus
tuus et regnabit usque in aeternum (“perché è giunto il tuo Signore, e
regnerà per sempre”); e il canto si prolunga in un caldo, ripetuto invito alla
gioia e all’esultanza per qualcosa che non avrà mai fine: Iucundare, iucundare… I
corni intanto reintonano il motivo iniziale. Il canto della Natività è concluso
a parti specularmente invertite: là tema cullante seguito da Iucundare, qui Iucundare seguito dal tema cullante. Una Ringkompisition strutturalmente perfetta, che dà una sua unità
peculiare a questa seconda Parte, e vale forse a scusarci
dell’arbitrio di soffermare solo su di essa la nostra attenzione.
E tuttavia… per l’Autore manca ancora qualcosa: all’oratorio
giunto al termine (il libretto, in effetti, si conclude col Iucundare), a questo inno alla nascita del Redentore ormai concluso, manca
– diciamo così – l’amen finale d’ogni prece. Ed ecco, come per un rinnovato
impulso d’entusiasmo, il coro intona ancora Gloria. A una nota bassa, profonda degli uomini rimasti sulla terra rispondono gli
angeli fluttuando leggeri verso l’alto, fino a vanire lassù lassù, nel cielo
altissimo, dove sguardo umano non può giungere.
Ora tutto è compiuto: l’inno è completo, e il giovane
musicista può tacere, appagato del dovere adempiuto.
Ma, a proposito, chi era questo musicista? Mi accorgo di
aver mancato al galateo: ho presentato l’opera senza presentare l’Autore. Farlo ora, però, significherebbe abusare della vostra pazienza. Del resto, che fosse di
Tortona l’ho già detto, e vi ho già informati che morì a Roma nel 1956, dove –
aggiungo – aveva diretto la Cappella Sistina per decenni, salvo un breve
periodo in cui fu interdetto per evitare che, in un accesso particolarmente
nero delle sue ricorrenti crisi depressive, potesse distruggere le sue opere
più belle (e così vi ho dato anche questa brutta notizia della malattia,
fortunatamente discontinua!). Non voglio, però, trascurare di fornirvi un breve
ritratto, che, a mio parere, coglie la nota dominante di questo compositore,
quella “ingenuità” (nel senso più nobile) che così bene traspare da
quest’opera, sia nell’attitudine sentimentale verso la natività di Cristo, sia nella spontaneità
dell’invenzione musicale, che è tanta parte del fascino perenne di questa
musica su animi non viziati dalla spasmodica ricerca del nuovo, se non dell’astruso. Lo dobbiamo a Elsa Olivieri Sangiacomo (moglie amorosa di
Ottorino Respighi e lei stessa musicista di gusto raffinato) che lo delinea nel
suo Cinquant’anni di vita nella musica.
Lo riporto tralasciando, per brevità, alcune frasi relative a una curiosa
mania (ulteriore testimonianza della fragilità umana dell’artista) e aggiungendo che, a
mio parere, quelle che sembrano riserve dell’autrice (“in quegli anni”, “era
considerato”…) sono soltanto un segno dei tempi: il libro fu pubblicato a
metà degli anni ’70, anni di egemonia della cosiddetta avanguardia (da cui,
peraltro, Elsa si tenne saggiamente alla larga).
“Don Lorenzo Perosi
era più raramente fra noi in casa Kanzler, preso com’era dal lavoro di Maestro
del Coro della Cappella Sistina e dalla composizione dei suoi Oratori che in
quegli anni gli diedero molta popolarità. Malgrado i suoi successi, Perosi
aveva sovente l’aria triste e assente ed era difficile parlare con lui (…) Egli
era considerato in quel tempo come un vero riformatore e gli si attribuiva il
merito di aver riportato l’interesse del pubblico e dei musicisti verso un
genere musicale che era caduto in oblio negli ultimi secoli. L’ingenuità che si
ritrovava nella “Resurrezione di Lazzaro”, nella “Resurrezionedi Cristo”, nel “Natale
del Redentore”.
Egli restò per
lunghi periodi lontano dal mondo musicale romano; era ammalato e la sua fine
rattristò sinceramente tutti quanti conobbero lui e la sua musica.”
TESTO
Coro
Iucundare filia Sion, et
exulta satis filia Ierusalem, allelujah ! ecce Dominus veniet Propheta magnus.
Allègrati, o figlia di Sion; esulta
grandemente, o figlia di Gerusalemme. Ecco sta per giungere il tuo Signore, gran
profeta.
Storico
Factum
est in diebus illis, exiit edictum a Caesare Augusto ut describeretur universus
orbis. Et ibant omnes ut profiterentur, singuli in suam civitatem.
Ascendit Ioseph a Galilaea in Bethlehem….
Di quei giorni uscì un editto di Cesare Augusto,
che si facesse il censo di tutto il mondo; e andavano tutti a dare il nome,
ciascheduno alla sua città. E andò Giuseppe da Nazaret, città della Galilea, a
Betlemme…
Coro
Et tu Bethlehem, … nequaquam minima es in
principibus Juda ; ex te enim exiet dux qui regat populum meum Israel.
E tu, o Betlemme, non sei la minima fra le città
di Giuda; poiché da te uscirà il condottiero che reggerà Israele mio popolo.
Storico
ut
profiteretur cum Maria.
a dare il nome insieme con Maria
Storico
Factum est autem cum essent ibi, impleti sunt
dies ut pareret
E avvenne che, mentre qui si trovavano, giunse per
lei il tempo di partorire
Storico
e Coro delle Genti
O
Emmanuel, o Adonai, veni ad salvandum nos, o Sapientia, o Adonai!
O Emmanuel, o Adonai, vieni a salvarci, o
Sapienza, o Adonai!
Storico
et peperint filium suum primogenitum: et pannis
eum involvit et reclinavit eum in praesepio.
e partorì il figlio suo primogenito : e lo
rifasciò e lo pose a giacere in una mangiatoia.
Coro
Christum
natum, Regem nostrum, venite, adoremus!
Venite ad adorare Cristo nato, nostro Re!
Interludio
orchestrale: la notte tenebrosa
Storico
Et
pastores erant in regione eadem vigilantes et
custodientes vigilias noctis supra gregem suum.
Ed eranvi nella stessa regione dei pastori che
vegliavano e facevan di notte la ronda attorno al lor gregge.
Et ecce Angelus Domini stetit iuxta illos et claritas Dei circumfulsit illos
et timuerunt timore magno et dixit illis :
Quand’ecco sopraggiunse vicino ad essi l’Angelo, e
uno splendore divino li abbarbagliò e furono presi da gran timore. E disse
loro:
Angelo
Nolite timere. Ecce enim
evangelizo vobis gaudium magnum, quia natus est vobis Salvator et hoc vobis
signum: invenietis infantem pannis involutum et positum in praesepio.
Non temete, imperocché eccomi a recare a voi la
nuova di una grande allegrezza, perchè è nato oggi a voi un Salvatore ; ed
eccovene il segnale : troverete un bambino avvolto in fasce, giacente in
una mangiatoia.
Coro di Angeli
Gloria in altissimis Deo,
et in terra pax hominibus bonae voluntatis.
Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in
terra agli uomini di buon volere.
Storico
Et factum est ut discesserunt
ab eis Angeli in caelum, pastores loquebantur ad invicem:
E dopo che gli Angeli si furono ritirati da loro
verso il cielo, i pastori presero a dire tra di loro:
Coro
Transeamus usque Bethlehem et videamus hoc verbum quod factum est, quod
Dominus ostendit nobis.
Andiamo sino a Betlemme a vedere quello che ivi è accaduto, come il Signore ci
ha manifestato.
Storico
Et venerunt festinantes et invenerunt Mariam et Ioseph et infantem positum
in praesepio.
E andarono con prestezza, e trovarono Maria e
Giuseppe e il bambino giacente in una mangiatoia.
Inno dell’adorazione. Coro e solo
Jesu, Redemptor omnium,
Quem lucis ante originem,
Parem paternae gloriae,
Pater supremus edidit.
O Redentor de’ popoli,
Te il Padre, a Sé non ìmpari
(e pria che ogni principio
fosse di luce ), ha génito!
Tu lumen et splendor Patris,
Tu spes perennis omnium:
Intende quas fundunt preces
Tui per orbem servuli.
Tu spes perennis omnium:
Intende quas fundunt preces
Tui per orbem servuli.
Raggio di Dio, degli uomini
speranza inestinguibile,
la prece odi, che gli umili
sparsi nel mondo, innalzano!...
Hunc astra, tellus,
aequora,
Hunc omne quod caelo subest,
Salutis auctorem novae,
Novo salutat cantico.
Hunc omne quod caelo subest,
Salutis auctorem novae,
Novo salutat cantico.
la terra, il ciel, l’oceano,
Te, per cui si ridestano
di nuova vita al palpito,
con nuovo inno salutano…
Jesu, tibi sit gloria,
Qui natus es de Virgine,
Cum Patre et almo Spiritu,
In sempiterna saecula.
Ognun Gesù glorifichi,
Qui natus es de Virgine,
Cum Patre et almo Spiritu,
In sempiterna saecula.
Ognun Gesù glorifichi,
il nato della Vergine,
col Padre e l’almo Spirito
nei sempiterni secoli.
Inno di ringraziamento. Coro
Te Deum laudámus: te Dóminum confitémur.
Te ætérnum Patrem omnis terra venerátur.
Tibi omnes ángeli,
tibi cæli et univérsæ potestátes:
incessábili voce proclamant:
Te ætérnum Patrem omnis terra venerátur.
Tibi omnes ángeli,
tibi cæli et univérsæ potestátes:
incessábili voce proclamant:
Te lodiamo. Che sei nostro
Dio, te confessiamo per nostro Signore.
Te, eterno Padre, adora tutta
la terra,
a te gli Angeli tutti, i
cieli e tutte le potestà vanno incessantemente cantando:
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sábaoth.
Te gloriósus Apostolórum chorus,
te mártyrum candidátus laudat exércitus.
Patrem imménsæ maiestátis;
venerándum tuum verum et únicum Fílium;
Sanctum quoque Paráclitum Spíritum.
Te gloriósus Apostolórum chorus,
te mártyrum candidátus laudat exércitus.
Patrem imménsæ maiestátis;
venerándum tuum verum et únicum Fílium;
Sanctum quoque Paráclitum Spíritum.
Santo, Santo, Santo è il Signore Iddio degli
eserciti.
Il coro glorioso degli apostoli,
Il coro glorioso degli apostoli,
La schiera die martiri in
candida stola,
Te loda, o Padre d’immensa
maestà;
E l’adorabile tuo vero ed
unico Figlio;
E il Santo Spirito consolatore!
Tu rex glóriæ, Christe.
Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem,
non horruísti Virginis úterum.
Tu ad déxteram Dei sedes, in glória Patris.
Per síngulos dies benedícimus te.
Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem,
non horruísti Virginis úterum.
Tu ad déxteram Dei sedes, in glória Patris.
Per síngulos dies benedícimus te.
Tu, o Cristo, sei Re della
gloria!...
Tu, facendoti uomo per salvare
l’umanità,
non sdegnasti il grembo della
Vergine…
Tu siedi alla destra di Dio,
nella gloria del Padre.
E ciascun giorno ti
benediciamo.
Coro ultimo
Iucundare filia Sion, et exulta satis filia Ierusalem, quia venit Dominus
tuus et regnabit usque in aeternum.
Allègrati, o figlia di Sion,
ed esulta, o figlia di Gerusalemme, poichè venne il Signore e regnerà in
eterno.
(testo trascritto da: Il Natale del Redentore
oratorio per canto e orchestra di don Lorenzo
Perosi,
Milano, Stab. Pontif. d’arti grafiche sacre A.
Bertarelli & C., 1901)
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